Le idee non nascono dal nulla. Sono frutto delle esperienze che si vivono. La storia di Paolo Seminara è quella di chi le sa anche mettere a frutto in maniera dirompente.
La cosa che più colpisce di Paolo Seminara è la passione che ha per il mondo degli occhiali. Potrebbe parlartene per giorni. E di certo gli argomenti non gli mancano.
Paolo ha fatto la storia del mondo dell’occhialeria.
Per farsene un’idea basta ascoltare la sua, di storia. Un’avventura alla scoperta di un mondo che ha contribuito a cambiare.
In viaggio per l’Italia
La passione è la fonte di energia che lo ha spinto, all’inizio della sua carriera, a preferire la vita movimentata come agente di commercio di occhiali a quella più stabile nel negozio di ottica dove aveva cominciato.
«Negli anni ’70 lavoravo come ottico a Viareggio, una città stupenda.» ci racconta. «All’epoca era come dire Costa Azzurra o Forte dei Marmi. Però mi sentivo legato. Vedevo passare tanti rappresentanti e anch’io avrei voluto partire e girare l’Italia per fare un po’ di esperienza.»
Così comincia a viaggiare tra Emilia, Lombardia, Tre Venezie, Marche e Sardegna a bordo di una 500. Due anni passano in fetta, a viaggiare, e così le automobili. Ne cambia quattro, troppo piccole per fare tutti quei chilometri, ed è al volante di una Lancia Fulvia HF che un camioncino lo tampona e lo fa finire contro un guard rail.
Macchina distrutta, lui vivo per miracolo. Il suo titolare, però, è più preoccupato che non possa continuare a lavorare che della sua salute. Così prende la decisione di piantarlo in asso e di tornare in Toscana.
Anni di fermento
Questa volta però l’esperienza maturata gli fa fare un passo in più: «Adesso gli occhiali li volevo fare io.» Così, assieme a tre amici, apre un laboratorio per costruirli.
Erano anni di innovazioni importanti. Nuovi materiali e tecnologie aprivano possibilità che prima non c’erano, e che un occhio appassionato ed esperto riusciva a cogliere. Come il CR39, «un polimero fantastico, più leggero e resistente del vetro ma con proprietà ottiche similari».
«Nel ’73, dopo due anni come rappresentante, ho creato la mia prima linea di occhiali. Diametro 61 mm, avvolgenti, a quell’epoca non se ne vedevano in giro. Innovativi anche nei colori di montature e di lenti.» A quegli occhiali mancava solo un nome…
Oltre alle innovazioni tecnologiche in quegli anni nuove tendenze culturali si propagano nella società e l’industria della monda si diffonde in modo dirompente. È in questo clima di fermento che nasce l’intuizione di Paolo.
«In quegli anni c’era la rivista Vogue che imperversava. Bastava avere una pagina lì, e potevi vendere anche i frigoriferi al Polo Nord. L’idea mi arriva come un lampo. Chiamo una società di Bologna che registra marchi e gli chiedo se nelle classi della moda e degli occhiali il nome Vogue fosse registrato. Mi hanno detto di no. Così ci ho pensato io. Ho subito registrato l’occhiale Vogue.»
Realizzati i primi occhiali marchiati Vogue, li fa fotografare. E il fotografo era niente di meno che Aldo Fallai, amico di Paolo ed esclusivista di Armani da una vita: «Mi ha portato un’immagine da capogiro. È stato sempre il mio fotografo per Vogue. Quella foto l’ho data alla rivista Vogue: occhiali Vogue visti su Vogue. Abbiamo decollato. Un successo pazzesco».
Come realizzare occhiali unici
Paolo lavora alla ricerca di materiali, forme e colori innovativi, disegnando a mano gli occhiali che poi fa realizzare da esperti della produzione. «Ho sempre fatto fare tutto con disegno mio in esclusiva e spendevo un capitale in materiali speciali, curando ogni dettaglio. Un’asta che avevano tutti non poteva essere Vogue. Vogue doveva essere differente.»
«Per realizzarli però, io mi affidavo nella parte tecnica, sia nell’acetato che nel metallo, a chi sapeva fare. Quando un creativo, un designer, è troppo rigido sbaglia. È il produttore che ha le mani in pasta. È lui che ti può dire come è meglio correggere il disegno per evitare problemi o rotture.»
«Tutti gli occhiali e i componenti in metallo li facevo fare da D.F. Giovanni Franzoia è un tecnico fantastico. Gli spiegavo qual era la mia idea, lui prendeva appunti e dopo tre o quattro giorni mi chiamava per dirmi come pensava di fare.»
«Allora si produceva tutto a mano, le macchine che ci sono adesso non c’erano. Dopodiché sono arrivati i computer, le macchine a controllo numerico… e i figli hanno saputo portare avanti la capacità e la tecnica del papà. Quando devo fare occhiali o componenti in metallo vado solo da loro.»
Natura, moda, colori
«I miei punti di forza sono sempre state le idee, le forme, i dettagli, principalmente i colori. Però ho sempre voluto che i miei fossero occhiali tecnici, altamente performanti. La calzata è fondamentale. Te lo devi sentire come un guanto. Faccio sempre l’esempio delle scarpe. Una scarpa bellissima, se ti fa male, non la indossi e non serve a niente.»
Oltre alla grande passione per il mondo degli occhiali («Ogni volta che vedo un negozio di ottica, entro», ci dice) un’altra grande fonte di ispirazione di Paolo è la natura. «La natura ti ispira incredibilmente per i colori. Ieri mi son fermato sulla strada; c’era una luce bassa, sul Montello, che era una favola: i colori ruggine mescolati col verde…» e le sue parole trasmettono benissimo l’emozione e la passione che Paolo ha portato nel mondo degli occhiali, sempre concepiti mezzi espressivi: «Gli occhiali sono un oggetto che parla della persona che lo indossa, ne sono l’espressione del carattere e della personalità.»
Tutti gli occhiali e i componenti in metallo li ho sempre fatti fare da D.F. Non si tratta di macchinari. È l’esperienza! L’esperienza ti fa risolvere quello che una macchina da sola non può. Se hai le macchine ma non le sai usare bene e non hai l’esperienza manuale che hanno maturato loro non vai da nessuna parte.
Paolo Seminara, Designer e fondatore di Vogue