
Attraverso l’esperienza di Rossano Frada responsabile tecnico di D.F., puntiamo lo sguardo sui processi produttivi e le dinamiche attuali del mercato.
Nel cuore produttivo di D.F., la trasformazione non è solo materiale. È una metamorfosi che parte da un’intuizione – a volte solo uno schizzo, un’idea a voce – e prende forma grazie a competenze solide e a un’organizzazione flessibile. Rossano, responsabile tecnico e di produzione, è tra i primi a intercettare quella scintilla progettuale e a guidarla verso la sua realizzazione concreta.
“Arrivano idee a volte molto grezze, e il mio compito è capire se e come possiamo trasformarle in qualcosa di producibile,” racconta. Sembra semplice, ma dentro questa frase si nasconde tutto: il lavoro di analisi, i consigli su materiali e tecnologie, la stesura di un piano di lavoro, la verifica della qualità dei campioni. È un processo dove nulla è scontato e tutto si basa sul dialogo con il cliente, sulla capacità di vedere oltre l’idea iniziale e tradurla in un oggetto concreto.
Ciao Rossano. Hai grande esperienza sul processo produttivo degli occhiali, nelle sue diverse fasi. Ci racconti bene in cosa consiste il tuo lavoro? E soprattutto, come si trasforma un’idea in un occhiale o componenti finiti?
Il mio ruolo qui è responsabile tecnico e di produzione. Fondamentalmente, aiuto a dare forma e a rendere realizzabile l’idea del cliente, anche se a volte l’idea originale necessita di modifiche sostanziali per poter stare insieme strutturalmente.
In pratica, quando arriva un cliente con un’idea, a volte anche solo abbozzata e senza un disegno definito, mi siedo con lui per capire cosa vuole realizzare. Analizzo la fattibilità tecnica, suggerisco correzioni su misure, materiali o tecniche di produzione (stampo, fresatura, taglio laser). Dopo aver definito l’idea e la sua realizzabilità, elaboro un preventivo dettagliato con le fasi di lavoro e i costi, che condivido col titolare. Se il preventivo viene approvato, definisco un piano di lavoro.
Mi occupo di coordinare tutte le attività, dall’arrivo dei materiali alla preparazione delle attrezzature e degli stampi. Il mio compito termina con la consegna dei primi pezzi campione, che controllo personalmente. Dopo questa fase di industrializzazione e coordinamento fino ai campioni, la produzione in serie viene gestita da un’altra persona.
La tua esperienza precedente è stata molto diversa?
Sì. Ho passato quasi tutta la vita in De Rigo, entrando a 20 anni e uscendo a 51. Ho visto l’azienda crescere e strutturarsi, da tante piccole unità a un’unica entità più grande. Ho iniziato nel reparto prototipi, poi sono passato all’ufficio tecnico dove realizzavamo progetti, attrezzature e stampi, tutto internamente. A Longarone finivano l’occhiale grezzo che arrivava da Limana. Sono cresciuto, diventando responsabile della progettazione a Limana e poi a Longarone, occupandomi del metallo e successivamente dell’acetato.
Con gli anni, la progettazione è diventata molto più complessa, includendo distinte, cicli di lavoro, attrezzature, costi e interfacciamento continuo con l’ufficio prodotto. Questo ha portato a formare progettisti molto strutturati, soprattutto per l’alta gamma prodotta internamente. Trasformavo un prototipo fisico, fatto a mano, in un oggetto producibile, scomponendolo e progettando ogni singola parte. Era un’industrializzazione pura, ma passavo 8-9 ore al computer a fare disegni tridimensionali. Per quanto mi piacesse e mi riuscisse bene, stava diventando una routine e a un certo punto ho sentito il bisogno di cambiare.
E qui in D.F. hai trovato questa dinamicità? Quali sono le principali differenze con una grande realtà?
Assolutamente sì. Qui il lavoro è molto dinamico. La mattina posso passare mezza giornata in reparto a controllare la qualità dei campioni, poi vado al computer per preventivare dei progetti, poi magari un cliente mi chiama per un problema. Sono anche responsabile della gestione dei clienti che arrivano. Insomma, mi occupo di aspetti molto vari.
Grazie alla mia passata esperienza, posso portare il mio contributo per strutturare e organizzare il lavoro, con regole e strategie. La differenza più grande rispetto all’azienda grossa è il contatto diretto con il titolare, con la proprietà. Non ci sono filtri, se c’è un problema lo metti sul tavolo e lo risolvi. Fare una strategia e metterla in atto richiede meno tempo. C’è un’enorme flessibilità. Nelle grandi aziende tutto è più strutturato ma anche più lento. Qui “pedali”: se fai bene hai carta bianca, se fai male ne rispondi in prima persona. L’azienda piccola ti stimola se hai voglia di fare, la devi sentire tua. C’è la soddisfazione diretta di vedere il risultato del tuo lavoro e ricevere complimenti. Nell’azienda grossa, puoi progettare un modello che vince un premio internazionale, ma nessuno sa che l’hai fatto tu. Qui, invece, vivi l’azienda nei sui diversi aspetti quotidianamente, partecipi alle fiere. È un’azienda familiare, ci conosciamo tutti, il contatto è diretto. Certo, serve “pelo sullo stomaco”, devi metterti in gioco.
Parlando di mercato, come vedi le tendenze attuali e quale ruolo gioca il Made in Italy?
Per quanto riguarda il Made in Italy, dal punto di vista dell’idea e dello stile, secondo me non c’è paragone con l’Italia. Le grandi aziende italiane partoriscono idee atomiche. Il problema è realizzare prodotti del genere qui in Italia, considerando i costi. Produrre in Italia costa molto. I margini sulle vendite devono coprire i costi di produzione elevati, inclusi gli scarti e le spese fisse come personale e strutture. Quello che costa tanto e di prestigio tendenzialmente si tende a farlo qui in Italia per avere controllo e non farsi copiare l’idea. I grandi numeri o i pezzi per un pubblico più ampio, che devono costare meno, vengono prodotti all’estero. Quindi, il Made in Italy rimane il top per il design e per il lusso.
Le tendenze della moda nell’occhialeria, come in altri settori, sono cicliche. Prima si facevano occhiali molto elaborati, poi c’è stato il minimalismo, e adesso si sta tornando un po’ a forme più barocche e lavorate. È un continuo andirivieni. Secondo me, il mercato dimentica in fretta. Oggi la differenza nel prodotto non la fa tanto la tecnologia disponibile (che compri già pronta), quanto piuttosto la parte stilistica. Come nelle auto o nelle moto, tecnologicamente sono tutte simili, la scelta è dettata più dallo stile.
Sembra che la tua esperienza diversificata sia fondamentale nel tuo ruolo attuale.
Sì, assolutamente. Se non avessi fatto prima quello che ho fatto in De Rigo, non potrei fare quello che faccio qui. L’esperienza mi permette di affrontare le cose impreviste. Vedo un componente e so di cosa stiamo parlando, come viene prodotto, quali sono le criticità. Diventa facile andare a colpire subito i punti deboli per evitare problemi.
Questa è la mia esperienza, ecco. Qui in D.F. ti metti in gioco e porti a casa soddisfazioni. E si lavora in un clima sereno, che spesso è già la soluzione alla maggior parte dei problemi.
DIAMO FORMA A CIÒ CHE STAI IMMAGINANDO
«Abbiamo un’idea» è una delle nostre frasi preferite, perché mette in moto il nostro meccanismo di creazione. Non esiste una strada tracciata, un percorso da seguire: il sentiero per arrivare al risultato desiderato, oltre le aspettative, lo creiamo insieme, unendo le nostre abilità tecniche alle tue idee migliori.
LAB è il nostro laboratorio, perfetto per chi nell’occhialeria d’eccellenza vuole spingersi oltre i limiti, creare e dare vita a qualcosa di unico.
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